07-03-2022
Le origini dei Monti di pietà sono molto risalenti nel tempo (XV secolo).
L’art. 1 della L. n.745/1938, poi abrogato, li definiva come “Enti che si propongono come attività fondamentale di concedere prestiti di importo anche minimo, a miti condizioni, con garanzia di pegno su cose mobili per loro natura”.
Nate come Opere Pie, i Monti di pietà (dal concetto di pìetas cristiana) si affermarono come enti speciali con la finalità specifica di combattere il fenomeno dell’usura.
La loro attività consisteva nel concedere prestiti di modico ammontare a condizioni molto favorevoli e previa costituzione di pegno su cose mobili.
Tali enti ebbero una fortissima diffusione su tutto il territorio italiano ed europeo, tanto da passare da una finalità spirituale-religiosa ad una finalità economico-lucrativa, attraverso un vero e proprio processo di laicizzazione; infatti, sulla spinta del progresso economico e sociale, i Monti di Pietà hanno preparato la strada a quelli che nel tempo sono diventati gli odierni istituti di credito.
Dal punto di vista giuridico, la loro evoluzione è avvenuta in modo armonico. Invero, con la legge n. 745/1938, tutti i Monti prendono il nome di Monti di credito su pegno (Monti di pegno) e vengono riconosciuti come istituti bancari, con il carattere di ente pubblico economico.
Successivamente, il R.D. n. 1279/1939 -attuazione della legge n.745/1938-, ancora oggi vigente, ha stabilito una disciplina speciale di favore per i Monti e gli altri istituti che effettuano crediti su pegno, al fine di consentire loro di concedere prestiti di importo anche minimo, a miti condizioni, alle persone che si trovino in difficoltà economica e non possano fornire le ordinarie garanzie patrimoniali richieste dalle aziende di credito (C. Cost. n. 408/2000).
Ma oggi il diritto di pegno, e quindi la tecnica del deposito e del prestito, trova applicazione anche nella finanza decentralizzata (DeFi), con il cd. lending and borrowing.
Invero, il concetto di pegno può tornare utile per comprendere il meccanismo di funzionamento di tale servizio presente su alcuni protocolli, grazie ai quali l’utente può depositare dei token (la cd. garanzia) su una piattaforma, ottenendo in cambio un prestito, sotto forma di token, di cui potrà liberamente disporre.
Verrà così aperta una posizione debitoria nei confronti del protocollo, in costanza della quale matureranno gli interessi.
Per chiudere la posizione debitoria, l’utente dovrà restituire i token presi in prestito e pagare gli interessi maturati sino a quel momento, così da liberare la garanzia originariamente depositata (i token), che tornerà nella disponibilità dell’utente.
Ma tale meccanismo non è privo di rischi.
Vi è infatti la possibilità di liquidazione: quando il valore dei token depositati scende al di sotto di una certa soglia e quindi la garanzia non è più sufficiente per coprire il debito contratto, i token oggetto di pegno potranno essere venduti dalla piattaforma che tratterrà il corrispettivo a soddisfacimento del proprio credito e l’utente perderà in modo irreversibile i token originariamente depositati (liquidazione = escussione della garanzia).
Ritornando alle norme vigenti nel nostro ordinamento, l’istituto del pegno può essere analizzato anche da un’altra prospettiva, quale appunto quella imprenditoriale.
Il diritto di pegno — il quale, per sua natura, si costituisce come limite del diritto di proprietà (C. Cost. n. 702/1988) — si caratterizza per una struttura, lo spossessamento del bene, che mal si concilia con le dinamiche imprenditoriali .
A ciò ha posto rimedio il nostro Legislatore nel 2016, disciplinando una particolare tipologia di pegno oggi prevista dall’art. 1 del D.L. 59/2016, che disciplina il cd. pegno mobiliare non possessorio.
Con questo istituto, il legislatore ha inteso favorire l’accesso al credito alle imprese, tramite la costituzione del pegno su beni mobili inerenti all’esercizio dell’impresa.
Con il pegno mobiliare non possessorio, i beni gravati da tale peso rimangono nel possesso dell’impresa che, per accedere al finanziamento, eviterà la fase — antieconomica — dello “spossessamento” dei beni oggetto di pegno, senza quindi perderne la disponibilità e potendo continuare ad usufruire degli stessi per l’attività d’impresa.
La relativa disciplina è contenuta nel D. L. 59/2016, convertito in L. 119/2016; inoltre, il Decreto 25 maggio 2021, n. 114 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha istituito il Registro dei pegni mobiliari non possessori, regolamentandone il funzionamento.
Sul punto, di recente (23/01/2023), è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento dell'Agenzia delle Entrate relativo al Registro dei pegni mobiliari non possessori - Approvazione delle specifiche tecniche per la redazione delle domande e dei correlati titoli, nonché per la relativa trasmissione al conservatore. Modalità per la registrazione dei titoli.
È dunque interessante notare come il diritto di pegno — trasversalmente utilizzato sia dai singoli che dalle imprese — , già radicato ed utilizzato nelle operazioni bancarie più risalenti, plasticamente continua ad adattarsi ad ogni mutato contesto sociale, economico e tecnologico.
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